Il cielo riflesso: recensione

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Dalla lettura di questo romanzo emergono autentiche e genuine doti di narratore, ovvero l’abilità dell’autore nell'intrecciare le fila di una narrazione capace di coinvolgere il lettore e di trasportarlo nel mondo fittizio della diegesi; fittizio ma, quando sapientemente costruito come in questo caso, capace non solo di accattivarsi l'attenzione del lettore, ma di costituirsi come autentico mondo parallelo che s'affianca a quello reale e, nell'atto della lettura, giunge persino a sostituirvisi. Il romanzo è d’agevole e scorrevole lettura, pur trattando di temi spesso ardui ma sempre affascinanti e profondi. Dopo la raccolta di racconti Vero uomo e vero airone bianco, nello spazio maggiore delle romanzo, quest’abilità nell’intessere trame emerge ora in tutta la sua pienezza e ricchezza: il romanzo crea una dimensione dove il lettore senz'accorgersi si trova a vivere, avvinto dall'universo dell'invenzione narrativa che, quand'è sostenuta dalle doti possedute da Fineschi, fa scordare il mondo reale, tant'è la sua forza e vitalità. Per raggiungere questo risultato, l’autore adopera una prosa asciutta e sobria, sostenuta e tonalmente alta, aliena tuttavia da ogni sorta di compiacimento e preziosismo. Così facendo, il mondo tratteggiato in quest’opera, i vari personaggi che vi si muovono e i legami che li stringono gli uni agli altri, acquisiscono una realtà propria, intensa e vibrante fra le pagine del romanzo, che scorrono veloci per la capacità di coinvolgere il lettore e di condurlo in quell'altrove creato dalla prosa.

Fin dalle prime righe, la voce narrante del protagonista sa accattivarsi l'attenzione del lettore, senza che mai un momento di stanca o un calo di tensione narrativa giunga a metter in pericolo la presa della scrittura sulla sua attenzione. Dall'inizio alla fine, il romanzo costruisce uno spazio che vive in sé, di quella forza diegetica che caratteristica di ben pochi scrittori. Come per lo stile, sul piano del contenuti e dell'analisi dei personaggi, la prosa è improntata ad un distacco sapientemente in bilico fra l'indifferenza e l'indulgenza verso la materia e personaggi stessi. Come il protagonista accetta con estremo dolore, ma con altrettanto estrema sopportazione e dignità, la grama condizione che si trova per sua sventura a vivere; così la sua voce è sempre aliena da qualunque commiserazione e patetismo; anzi non lesina, verso di sé e gli altri, una punta d'ironia che lo rende, insieme agli altri personaggi, un protagonista sfaccettato e complesso, perciò tanto più credibile ed autentico, nonché un attento ed acuto osservatore dell'ambiente che lo circonda e, attraverso il racconto che ne riporta, restituisce al lettore. Difficile e forse persino riduttivo risulta l'attribuzione di un genere a questo romanzo; l'ambientazione nell'autunno del medioevo, le colte riflessioni e dispute filosofiche e teologiche, l'alone di magia e di mistero che lo pervadono: ognuna di queste componenti, sapientemente armonizzate, concorre insieme alle altre all'edificazione di un mondo diegetico tanto solido e complesso, colmo di rivolgimenti, di sorprese, agnizioni e colpi di scena che in egual misura concorrono a farne la compiutezza e l'unicità e lo rendono così autentico e vibrante da conquistare l'attenzione del lettore, calato in una dimensione altra; fittizia certo, eppure- come solo alle opere veramente riuscite accade- tanto vivida da rivaleggiare con quella esperita quotidianamente dai sensi che chiamiamo reale. Il pregio di quest’opera consiste dunque nel saper creare, con poche e precise pennellate o, con rapidi tratteggi di china, un universo romanzesco che vive di vita propria, teso e compatto dal principio alla conclusione. Un romanzo dunque avvincente e ben scritto, sicura testimonianza delle doti di narratore dell’autore, del quale si attendono le prossime prove.

Edoardo