Dal travaglio intellettuale (e religioso) del primo compiuto romanzo autobiografico nasce l’artista nella figura del poeta (non del narratore), un poeta giovane – il Joyce di qualche anno prima – che crea limpidi versi, perfettamente ritmati, rimati, musicalmente duttili, e ispirati da una “tentatrice” con gli “occhi scuri e sfiorati di languore”. Le “fluide lettere del linguaggio”, assieme ai “simboli dell’elemento del mistero”, della sua composizione riempiono il neoautore di un temporaneo appagamento. Siamo più o meno nel 1902 e Stephen/James sta ormai meditando sulla scelta dell’esilio (un esilio politico): «Non voglio servire».
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