Il testo va a buon diritto ascritto alla serie di rappresentazioni dell’uomo postmoderno, l’homo viator, il quale si ribella all’insoddisfazione per il non-senso codificato nel pensiero esistenziale, senza tuttavia riuscire a trovare la propria strada.
Come il “viaggiatore cerimonioso” di Caproni, egli sa che deve scendere dal treno, ma non sa quando, non sa dove, non sa perché, eppure si mette in cammino, eppure esplora se stesso.
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