Bisogna ricostruire la poesia dopo il diluvio del Novecento: la poetessa belga Véronique Bergen si appresta a questa azione affondando le mani nel sottosuolo linguistico dove palpitano le radici e dove bolle il magma.
L’operazione, irta di difficoltà, potrebbe scadere nell’autoreferenzialità, se non fosse sorretta da un robusto senso del reale, nonostante un’ispirazione immaginifica e canora. L’antologia, pertanto, si presenta come concreta volontà di dare consistenza ad una parola poetica troppo spesso degenerata nel gioco, nel sentimentalismo ed esposta alla mercè dell’insignificanza.
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