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Intellettuali, è debacle: ormai ridotti a figure consolatorie - Avvenire, 01/03/2014

 

logoavvenireQual'é oggi il ruolo degli intellettuali sulla scena artistica, culturale, sociale, polititca italiana? Chi sono gli intellettuali odierni? E ancor prima: esistono, ci sono? Si torna a discutere su un tema complesso ed evidentemente vitale. Dopo il libro pamphlet di Luca Mastrantonio, Intellettuali del piffero (Marsilio) discusso su queste pagine in un vivace botta e risposta tra Cesare Cavalieri e lo stesso Mastrantonio esce presso Giuliano Ladolfi Editore il saggio di un giovane italianista, Gianpaolo Furgiuele, eloquentemente intitolato Intellettuali: una debacle di classe. In realtà la tesi è meno perentoria di quanto l’assunto del titolo lascerebbe pensare. L'autore pone diverse questioni, analizza le varie posizioni e, in una sorta di appendice al saggio vero e proprio, chiama a confronto i pareri di alcuni scrittori,giornalisti, sociologi della cultura quali Alberto Abruzzese, Erri De Luca, Franco Ferrarotti e Mirella Serri.

 

 

Negli anni Trenta del secolo scorso Antonio Gramsci lamentava l’assenza, sulla scena italiana, dell’«intellettuale organico», organico, cioè, socialmente e politicamente a un proletariato a cui spettava il compito di condurre la lotta di classe. Per il critico marxista gli intellettuali italiani avevano da sempre costituito una sorta di casta a sè stante, malata, anche quando essi fossero animati dalle migliori intenzioni, di un inconscio paternalismo. Nel secondo dopoguerra è stata la volta dei vari intellettuali "impegnati", da Fortini a Pasolini, da Moravia a Calvino.E oggi? Nella notte postmoderna in cui tutte le vacche sono nere, si ha l'impressione che la scena sia piuttosto desolante. Se prima si poteva talora rimproverare a figure come quelle che abbiamo citato un’eccessiva ideologizzazione delle posizioni, oggi sembrano mancare proprio le posizioni, cioè idee e valori precisi, magari contestabili e discutibili, ma comunque riconoscibili. All’intellettuale si è sostituito il performer, il protagonista televisivo o dei vari festival culturali, il maître à penser della domenica sera nel salotto televisivo di Fabio Fazio. Sono personaggi che, anziché provocare con un pensiero scomodo (a tale propositosi pensi ancora, per fare un solo nome, a un Pasolini), tendenzialmente si appiattiscono al più pacifico "politicamente corretto", sicuri che così strapperanno l'applauso.

Questi intellettuali sono ligure consolatorie, la cui unica funzione sembra spesso quella di ribadire il già noto, ciò che è comunemente accettato, le idee gradite alla maggioranza.Ma intellettuali così servono davvero? Anche perché, se viene meno la funzione di stimolo propria dell'intellettuale, il pubblico finisce per adeguarsi sempre più alle idee, ai valori, ai canoni estetici già dati, cioè viene sempre più spinto all'omologazione culturale. Un esempio sono i premi letterari, oggi così intrecciati (molto più che in passato) agli interessi dell'industria editoriale. In tal modo l’evento mediatico si sostituisce al giudizio di valore. La produzione culturale

sostiene (e a suavolta ne è sostenuta) una comunicazione vuota, indifferente e indifferenziata, televisiva, informatica,pubblicitaria, basata sul riciclaggio, sulla ripetizione, sullo spostamento di elementi consolidati.

Un discorso a parte meriterebbe la presenza (o ahinoi l'assenza), nel panorama culturale italiano degli ultimi decenni, degli intellettualicattolici, di cui si èparlato giovedì scorso sempre su queste pagine. Certo, alcune figure ci sono, per fortuna, ma troppo spesso le loro voci appaiono isolate e sporadiche. Nell'esortazione apostolica Evangelii gaudium papa Francesco invita a un confronto e a un'apertura al mondo privi di paure e pregiudizi. Si tratta di un discorso che ha a che fare con diversi aspetti, ma certamente con la dimensione culturale: il Papa parla di «sfide culturali», di «pensiero», di «educazione». Sarebbe bello che anche nel campo intellettuale l'identità cristiana potesse diventare «lievito» e «sale». La qualità della "pasta" non avrebbe che da guadagnarne.

Roberto Carnero

L'Avvenire

 


Commenti   

#1 Susanna Trippa 2014-03-29 19:49
Sono d'accordo. Figure consolatorie e politicamente corrette. Io già sono contraria a queste figure che trovo 'sapienti' non 'sagge'. C'è una grande differenza... il saggio è chi ha riportato - esperito - dentro di sé la conoscenza. Il sapiente è un contenitore di nozioni. Abbiamo sempre più necessità di persone autentiche.
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