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Michail Kuzmin: Canti di Alessandria (ISBN: 978-88-6644-218-9)

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Autore: Ferretti Paola

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Prezzo: EUR 12,00
Collana: Diamante
Anno di Edizione: 2015
Caratteristiche: 120 pagine
Lingua: Italiano / Russian
Traduttore: Paola Ferretti
Note: a cura di Paola Ferretti
Disponibilità: disponibile


Con i Canti di Alessandria lo spazio poetico russo del Novecento si amplia fino a inglobare un'antichità rivissuta con immediatezza e fervore, accogliendo il pantheon delle divinità ellene ed egizie immaginate da Michail Kuzmin (1872-1936), la colorita folla di inquieti adolescenti, esaltati scrivani e cortigiane dagli occhi bistrati che popola i suoi versi. Dinanzi ai contemporanei si compone la visione di un'Alessandria scaturita dalla viva voce dei suoi abitanti, in un raffinato gioco di rifrazioni tra realtà e immaginazione, mondo antico e attualità, al limitare tra sogno e reviviscenza. Lo stato di grazia toccato nei Canti rappresenta per Kuzmin un traguardo raggiunto dopo un percorso di sofferta accettazione di sé e della propria identità, costellato di peregrinazioni, momenti autodistruttivi e tentazioni mistiche. Quella di cantore di Alessandria diventerà una seconda natura per il poeta, e la cifra stilistica ideata per queste liriche rimane la sua più felice.

Michail Alekseevič Kuzmin nasce nel 1872 a Jaroslavl’, in una famiglia di antico lignaggio. Sua madre è di origini francesi. Fin dall’infanzia nutre grande amore per la poesia, la musica, il teatro.

Nel 1884, dopo alcuni anni trascorsi a Saratov, la famiglia si trasferisce a Pietroburgo. Nel corso degli studi al liceo il giovane Michail fa la conoscenza di Georgij čičerin (che sarebbe divenuto un importante diplomatico sovietico), sulla cui amicizia e sostegno potrà contare per lunghi anni.

Nel 1891 si iscrive al Conservatorio e si dedica allo studio della composizione sotto la guida di Nikolaj Rimskij-Korsakov. Vive momenti di profonda irrequietezza spirituale e forte insoddisfazione che lo spingono a tentare il suicidio. Nel 1895 intraprende un viaggio in Medio Oriente in compagnia di un amico di cui non si conosce tuttora l’identità. Ad aprile-giugno 1897 risale il viaggio in Italia, nel corso del quale visita Roma, Bologna, Firenze.

Al ritorno Kuzmin attraversa un nuovo periodo di intenso travaglio spirituale, cui non è estranea l’insoddisfazione tanto per l’ortodossia quanto per il cattolicesimo, con cui era venuto a contatto in Italia. Si accosta al mondo dei Vecchi Credenti e inizia a vagabondare presso le loro comunità sparse lungo la Volga, nel Nord della Russia.

Rientrato a Pietroburgo, decide di dedicare le sue energie intellettuali alla scrittura: dopo le prime, incerte prove in prosa e in versi, nel 1906 vedono la luce sia gli Aleksandrijskie pesni (Canti di Alessandria) sia il romanzo Kryl’ja (Le ali). Entrambe le opere suscitano una notevole eco e favoriscono la sua integrazione negli ambienti letterari della capitale.

Nel decennio successivo Kuzmin dà alle stampe un gran numero di testi in versi e in prosa, e stabilisce rapporti di amicizia e reciproca stima con i maggiori poeti del tempo, da Gumilev e Achmatova a Chlebnikov, Majakovskij, Esenin, Mandel’štam e Cvetaeva.

Scrive al contempo le musiche per alcuni spettacoli teatrali, tra cui Balagančik (Il baraccone dei saltimbanchi) di Aleksandr Blok, del 1906, per la regia di Vsevolod Mejerchol’d. Anche negli anni a venire collabora assiduamente con i piccoli palcoscenici proliferati nelle capitali negli anni pre-rivoluzionari.

Al 1908 risale la pubblicazione della sua prima raccolta di versi, Seti (Reti), e delle tre Komedii (Commedie), di ispirazione agiografica. Dal 1908 al 1912 Kuzmin prende stabilmente alloggio presso la Torre di Vjačeslav Ivanov, in cui si danno convegno letterati e artisti, filosofi e critici della Russia del tempo. L’eleganza eccentrica, la conversazione colta e brillante e le pose estetizzanti gli guadagnano una duratura fama di dandy pietroburghese.

Sul primo numero della rivista “Apollon” del 1910 compare il suo manifesto teorico O prekrasnoj jasnosti (Della bellissima chiarezza), che inaugura un nuovo ambito per la sua scrittura, quello della critica letteraria. Il testo addita gli ideali di armonia, logicità e cristallina chiarezza cui la prosa russa doveva a suo parere ispirarsi, sotto l’egida dei maestri europei da prendere a modello.

Nel 1913 scompare, suicida, il giovane Vsevolod Knjazev, cui Kuzmin era legato da una intensa relazione amorosa. Anche la morte del giovane artista Nikolaj Sapunov, perito in mare nel corso di una gita in barca nel Golfo di Finlandia, colpisce profondamente il poeta. Trova nel letterato alle prime armi Jurij Jurkun il compagno che gli sarà accanto per il resto della vita.

La raccolta di versi Osennie ozera (Laghi autunnali), uscita nel 1912, raccoglie pareri molto favorevoli. Al 1914 risale la pubblicazione di Glinjanye golubki (Colombelle d’argilla). Oltre ai versi, alle prose di un certo spessore date alle stampe in questo decennio – tra cui spiccano Podvigi velikogo Aleksandra (Le imprese di Alessandro il Grande), Putešestvie sera Džona Firfaksa po Turcii i drugim primečatel’nym stranam (Il viaggio di Sir John Fairfax in Turchia e in altri straordinari paesi), čudesnaja žizn’ Iosifa Bal’zamo, grafa Kaliostro (La prodigiosa vita di Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro), Priključenija Eme Lebefa (Le avventure di Aymé Leboeuf) e Plavajuščie-putešestvujuščie (I viaggiatori-naviganti), – Kuzmin produce un gran numero di miniature teatrali.

La sua accoglienza della Rivoluzione d’Ottobre, inizialmente pervasa di aspettative, non da ultimo per il potenziale di rigenerazione della vita letteraria ed artistica del paese in essa intravisto, non tarda a farsi più tiepida. Nel nuovo ordine culturale e politico Kuzmin trova comunque un suo spazio in diversi ambiti: scrive pezzi per il teatro per bambini, collabora alle iniziative editoriali di Vsemirnaja Literatura, svolge attività di critico teatrale per il periodico “žizn’ iskusstva”.

Nel 1918 pubblica due piccole raccolte di versi (Dvum, Vožatyj) (Ai due, La guida), tra crescenti difficoltà e le ristrettezze della vita quotidiana generate dal nuovo assetto: anche il suo appartamento diventa una kommunalka in coabitazione con altre famiglie, Jurkun viene arrestato, poi rilasciato. è costretto a vendere la sua collezione di libri antichi e copie manoscritte delle sue stesse opere.

Nel 1923 la sua Deklaracija emocionalizma (Dichiarazione di Emozionalismo) esprime una posizione decisamente controcorrente rispetto agli orientamenti critici del tempo, dominati dalle teorie formaliste.

Nel 1921 esce la raccolta di versi Nezdešnie večera (Serate non terrestri), l’anno successivo Paraboly (Parabole), una delle sue più impegnative, e Lesok (Il boschetto); nel 1924 Novyj Gull (Il nuovo Hull). Ma il seguito di Kuzmin nella scena culturale sovietica è drasticamente scemato, e il suo profilo di intellettuale appare sempre meno “necessario”. Il poeta si rifugia nelle traduzioni di autori quali Apuleio, Boccaccio, Shakespeare. Nel crescente isolamento, la sua voce resta inascoltata: l’ultimo volume di versi dato alle stampe, Forel’ razbivaet led (La trota fende il ghiaccio), del 1929, non ha quasi eco.

Muore di polmonite nel marzo del 1936.

 

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