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di Antonio Devicienti

Non si legga L’impero che si tace (Borgomanero, Giuliano Ladolfi Editore, 2019) come un libro di poesia o, peggio ancora, di prose poetiche.

Lo si legga, invece, come una rincorsa del respiro e con una rincorsa del respiro, con la certezza che il linguaggio è capace d’inventare mondi e che la bruttezza violenta del cosiddetto reale s’inceppa ed è in affanno e si rivela ancora più (pericolosamente) stupida e ingiusta se si frange contro un libro come questo.

Lo si percorra camminando sulle mani e con i piedi che hanno il cielo come abisso (ricordate Paul Celan e il discorso di Darmstadt?), entrandovi come in un gazebo oblungo (ricordate l’invito che Antonio Leonardo Verri rivolgeva ai poeti?), sentendo nella carne l’esilio e i suoi privilegi.

Lo si tocchi nei suoi numerosissimi nervi scoperti che vibrano nella cassa di risonanza della lingua e dei viaggi, delle letture e dell’epoca (la presente, anch’essa cane-lupo), nella sua lunga (lunghissima), dolorosa (dolorosissima) gestazione, nel suo tendersi dal verso all’oltreverso, perché qui il verso si dilata e dura pagine intere, respiro e ansia di dire, versione d’Ilaria e inversione continua del pensiero-scrittura.


di Davide Bregola

Poveryh di spirito, abito nel centro di una piccola città e parcheggio sempre l’auto in zona a traffico limitatoh (Z.T.L.). Martedi scorso ho comprato un’auto nuovah. In questi giorni l’ho sempre parcheggiata dentro al mio palazzoh. Sabato però l’ho messa per cinque minuti sulle strisce bluah, davanti a casa, e appena uscito ho notato un segno di circa trenta centimetri sulla fiancata lato passeggeroh. Probabilmente il segno è stato fatto intenzionalmente dalla chiave di qualcuno nei 5 minuti in cui ero assenteh.

Ieri, mentre ero in giro a piedi, ho incontrato Mauro da Mantovah. Per chi non lo sapesse, Mauro da Mantova è un personaggio sui generis che viene spesso chiamato al telefono, o telefona, a diversi programmi radiofonici come ad esempio La Zanzara di Radio 24. A volte fa l’ospite a Tele Lombardia. Posta su Youtube diversi monologhi che vengono regolarmente bannati. Mi ha detto che suo padre nella Campagna italiana di Russia era stato ferito a un polmone e per questo motivo ha percepito per tutta la vita una pensioneh yeah. La ferita era stata causata da un suo superiore, mentre pulivano le armi. Quando ha avuto la possibilità di estrarre il proiettile, il medico dell’ospedale militare gliel’ha detto chiaro: «Se lascih il proiettile dov’è, possiamo dire che sono stati i russih a colpirti, e prederai la pensione d’invaliditàh. Se lo estraggo non potremmo mentire e non prenderai la pensione.» Secondo voi qual è stata la scelta del padre di Mauro da Mantovah? In qualche modo è passato persino per essere un eroe della patriah. Yeah!


Poesia. Per non "desaparer": il paradiso di Higuera ricorda le vittime
Da Città del Messico a Firenze: andata e ritorno nel mondo globale che non ricorda

La poesia del messicano Carlos Higuera, raccolta ne 'Il paradiso ti nomina' (Ladolfi Editore, collana 'Perle poesia', 70 pp., 2019, euro 10), a cura di Michele Brancale e Martha Luana Canfield, non è per niente convenzionale; fondamentalmente si tratta di una scrittura attuale, sia per l’uso di molti termini presi dalla lingua colloquiale oppure inventati, che per le scelte formali che vanno dalla prosa al verso libero.

Docente nell'università di Morelia, in Messico, Higuera è stato ospite dell'Università degli studi di Firenze e infatti il libro è curato dall'ispanista Martha L. Canfield che con Marco Benacci firma la postfazione: "E' anche evidente un’influenza molto forte di grandi scrittori ispanoamericani, soprattutto nelle tematiche e nei giochi di parole; ad esempio la costante presenza della morte vista non come una tragedia di cui aver paura, ma come un elemento con cui si convive ogni giorno, con cui si ha così tanta confidenza da poterne scrivere addirittura un manuale per combatterla, in cui prevale nella prima parte un’ironia tipica della sua poesia".


“Fra città e campagna: dal camminare al conoscere alla poesia”

Attorno a Firenze, come avviene anche per altre città quali Parigi e Oslo, si snoda un percorso , qui da noi denominato “Anello del Rinascimento”, che si po' percorrere gradevolmente fra natura e arte, perché le colline che circondano

la città portano ancora evidenti i segni del loro passato e del lungo e armonioso rapporto dell’uomo con questo ambiente. Particolarmente suggestiva la località

di Fonte Santa, una ”nicchia ecologica” nel Comune di Bagno a Ripoli, che ha ispirato e continua ad ispirare artisti e poeti.

Un Anello intorno a Firenze

Il rapporto fra la città e la campagna merita di essere considerato per vari aspetti, sia nelle esperienze di oggi che in quelle del passato.

Il pensiero si volge in maniera immediata alla raffigurazione di Ambrogio Lorenzetti, nel Palazzo Pubblico di Siena, “Allegoria ed Effetti del Buon Governo”. Appare nell’affresco un intenso via vai, dentro e fuori le mura di Siena, verso la campagna, con animali e uomini che trasportano grossi carichi di prodotti.


“A volte succede, improvvisamente, inaspettatamente. Si percepisce un suono dietro tutto il rumore, ci si ferma e si ascolta. Nell’eccesso del mondo si trova nella musica uno spazio libero in cui, fosse anche solo per un momento, soffermarsi, prendere fiato”.

È una citazione da un libro di Nooteboom, scrittore olandese che amo tantissimo. Ma se sostituisco poesia a musica mi sorprendo ad assaporare, in questo libro aperto davanti a me, che leggo e rileggo con crescente stupore, un ritmo e una melodia non tanto diversi da quelli scaturiti dallo spartito di un apprezzato compositore, e così simili alla scrittura evocativa e malinconica di un poeta. E il poeta in questione è Grazia Procino.

Il suo libricino bianco, bordato di celeste, dal titolo “E sia”, può entrare in una tasca o in una borsetta ma lo spazio che si apre all’interno è quella soglia che, una volta varcata, proietta in un mondo di rythmós e di energia tensiva che produrranno suggestioni inattese, una sorta di straniamento in un esercizio ricettivo che costringe a rimettere tutto in discussione.


Serata affascinante e partecipata lunedì 7 ottobre 2019 al Museo Amalia Duprè CAD, a Firenze in via degli Artisti. L’invito all’evento riportava il titolo: “Impressioni musicali dopo una lettura di: Roberto Mosi “Orfeo in Fonte Santa” – Giuliano Ladolfi Editore / Roberto Mosi: voce recitante / Umberto Zanarelli: al pianoforte”.

Al centro dell’incontro “Orfeo” musico e cantore dell’antica Grecia, celebrato nel Poemetto di Mosi, XVIII Canti per la celebrazione del Mito che si fa Storia, della Storia che diventa Mito, della circolarità dell’acqua della fonte – in località Fonte Santa, un ambiente di grande pregio ambientale sulle colline di Firenze – in cui “tutto scorre e tutto ritorna”.

http://www.literary.it/occhio/dati/mosi_rob/2019/40-fra%20poesia%20e%20pianoforte/orfeo_dialogo_fra_poesia_e.html


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